10+1 ragioni per le quali il tuo portfolio finisce dritto nel cestino

Se lo scorso anno hai completato il tuo percorso di studi creativi e hai trascorso gli ultimi mesi ad inviare candidature senza ottenere risultati, questo post è per te.

Ti sei mai interrogato sulla vera ragione per la quale, nonostante tutti i tuoi sforzi, nessuna delle agenzie e delle case editrici a cui hai scritto ti ha risposto?

In questo post te ne offro dieci. Se riconosci di aver fatto almeno uno di questi errori, la soluzione è comunque alla tua portata.

1. Non conosci i tuoi interlocutori

Ammettiamolo. Per inviare la tua autocandidatura hai fatto una ricerca generica su Google, magari digitando “agenzia di comunicazione [inserire città]” o una delle possibili varianti, hai compilato qualche form di contatto, e una volta raccolti tutti gli indirizzi disponibili, hai spedito i tuoi lavori con due righe stringate di presentazione.

Una buona ricerca sta alla base della riuscita di qualunque progetto.

Cerca di fare una prima selezione tra agenzie, case editrici e aziende creative, partendo da quelle più vicine a te, arrivando fino ai paesi europei ed extraeuropei in cui vorresti lavorare. Focalizzati su un solo settore e su una sola nicchia di mercato alla volta.

Ti faccio un esempio semplice: se vuoi lavorare come illustratore botanico, mandare il tuo CV a Guida TV solo perché la redazione è sotto casa, sarebbe una perdita di tempo (a meno che abbiano previsto un inserto dedicato alla botanica per la prossima primavera).

Approfondisci la conoscenza dei tuoi interlocutori prima di contattarli: cerca di capire con chi lavorano, qual’è la loro politica aziendale, se offrono stage gratuiti e quant’altro. Usando LinkedIn puoi seguire l’azienda e i suoi dipendenti in un ambiente sgombro dalle distrazioni di Facebook, che non è tuttavia da escludere a priori.

In questo modo ti renderai conto del tipo di azienda che hai di fronte e se sia davvero interessante associare il tuo nome al loro.

Sulla lettera di accompagnamento dovrai relazionarti proficuamente con i tuoi esaminatori, spiegando perché desideri collaborare con l’azienda e come le tue abilità creative possano essere impiegate al meglio in quello specifico contesto. Dovrai essere in grado di argomentare: in fondo sei tu a proporti loro, mentre loro devono convincersi che tu sei la risposta ai loro problemi.

Un perfetto esempio di marketing.

2. Hai le idee poco chiare

Sempre riguardo alla tua ricerca generica su Google, non sei andato troppo per il sottile. Hai contattato tutte le aziende che operano in ambito creativo, magari in una determinata area geografica, senza focalizzarti davvero sulla nicchia nella quale vorresti lavorare.

Partendo da quelli suggerite da Andrew Hall, docente di Graphic design presso il Central Saint Martins College a Londra, i settori principali in cui un illustratore può operare sono: stampa, settore librario, pubblicità e identità, intrattenimento leggero.

Si tratta di capire ad esempio quali settori privilegiano le tecniche tradizionali e quali quelle digitali. In quali ambienti ti sentiresti maggiormente a tuo agio e a quali progetti ti piacerebbe partecipare.

Uno dei problemi più diffusi tra i freelance alle prime armi è quello avere una conoscenza ancora approssimativa di se stessi come professionisti. Lavorare sulla propria strategia di personal brand permette di capire chi si è e come comunicarlo chiaramente.

Se non ti focalizzi su questi aspetti, il rischio è sprecare tempo prezioso inviando autocandidature ad aziende per le quali non vorresti lavorare davvero o che cercano candidati con qualità diverse dalle tue.

Per capire cos’è il Personal Branding leggi questo post

3. Non hai selezionato i tuoi lavori

Richiamando il tema del tempo, parliamo di quale dovrebbe essere il numero di lavori ideale da allegare alla tua email di autocandidatura o da inserire nel tuo portfolio.

Ricorda che il tempo degli altri ha un valore, come il tuo. Se i file da aprire sono molto numerosi e ciascuno è protetto da una password, il tuo interlocutore perderà presto la pazienza, aprendone 2 o 3 al massimo e lasciando tutti gli altri all’oblio.

Secondo un certo numero di esperti (se cerchi in rete troverai parecchi articoli che trattano questo tema specifico) gli allegati alla tua email di presentazione dovrebbero essere al massimo cinque, i tuoi migliori 5 lavori, selezionati appositamente per quella azienda.

Personalizzare una presentazione dimostra che sei ben focalizzato sui tuoi obiettivi. L’azienda che riceve la tua candidatura percepirà un interesse sincero, trovando riscontro tra la tua proposta e la propria necessità di tradurre in immagini i propri valori e prodotti.

Rispetto invece al portfolio cartaceo, secondo Bobby Chiu, character designer, illustratore e fondatore di Imaginism Studios, la selezione può arrivare a nove, con un determinato criterio per il posizionamento di ciascun lavoro: ti suggerisco di guardare questo video.

Tutto ciò che non rientra in questi due numeri può essere semplicemente linkato altrove, invitando l’interlocutore a visitare un portfolio digitale o i nostri canali social.

Una certa attenzione deve essere riservata ai formati, all’orientamento e all’impaginazione delle tavole: il lavori dovranno essere o tutti orizzontali o tutti verticali, avere le stesse dimensioni e riportare le stesse informazioni. Valuta quindi se firmare le tue tavole, oppure realizzare un piccolo marchio che le identifichi come tue.

4. Gli allegati alle tue email sono troppo pesanti

Limitare il numero degli allegati risolve già una parte del problema, tuttavia meglio dirlo adesso che pentirsene in seguito: gli allegati alle email devono essere leggeri.

Al contrario potrebbero infatti rallentare la posta elettronica del destinatario, che anziché aprire la comunicazione la cestinerebbe semplicemente. Peggio ancora potrebbe essere respinta dal client di posta e non arrivare a destinazione.

A differenza di Gmail, molti dei servizi aziendali pongono un limite di invio e ricezione a 5 MB.

Pertanto ridurre la risoluzione dei tuoi lavori, portandola da 300 a 72 dpi, è il minimo che tu possa fare. In questo modo ti tuteli un minimo dall’utilizzo indiscriminato degli allegati, che difficilmente potranno essere usati su supporti fisici. L’accortezza da adottare per l’ambiente digitale è quello di apporre la tua firma o il tuo logo sui singoli lavori, esattamente come fanno i portali di immagini in stock.

5. Non hai un portfolio digitale

Come dicevamo, tutto quello che eccede dai numeri di una presentazione standard, fatta di 5 o 9 tavole, può essere semplicemente linkato altrove, invitando l’interlocutore a visitare un portfolio digitale o i nostri canali social.

In questo post ti spiego perché dovresti creare un portfolio digitale

Questa strategia ha un valore aggiunto: ti permette di usare canali e strumenti digitali per raccontare quello che non può essere raccontato in un colloquio da 15 o 30 minuti: quali sono i tuoi stili e artisti preferiti, le tue passioni al di fuori del lavoro, le esperienze all’estero o in un’altra città. Alcune aziende non privilegiano tanto la tecnica, quanto il ruolo che il candidato potrebbe ricoprire all’interno del team, premiando il feeling che si crea tra i dipendenti e la marca. In prospettiva, anche  questo rientra nel Personal Branding.

Dovrebbe essere scontato, ma non si sa mai: vietato inserire scatti fotografici dei tuoi lavori, peggio ancora se fatti con lo smartphone. Presenta sempre gli originali. Se sono molto elaborati puoi aggiungere una tavola riepilogativa a parte con i passaggi essenziali, oppure delegare questa parte ai tuoi canali social, ma niente di più.

Sei un professionista, quindi comportati come tale.

6. I tuoi sono lavori scolastici

Uno degli atteggiamenti più sbagliati nell’ambito della comunicazione è presumere che i nostri interlocutori possiedano la necessaria immaginazione per vedere quello che noi vediamo nella nostra testa. Anche questo è un errore da principianti.

Agenzie e case editrici lavorano in modo diverso, ma hanno esigenze simili: collaborare con professionisti creativi che traducano le parole in immagini.

E’ proprio tutto qui.

Questo significa che la persona con la quale ti rapporterai durante il primo contatto o colloquio non necessariamente sarà una persona creativa, al contrario. E anche se fosse, potrebbe essere alla ricerca di qualcuno esperto in linguaggi diversi dal suo (da cui la ricerca) e quindi non essere in grado di comprendere o immaginare quello che sai fare, rapportato al proprio ambiente di lavoro.

Nel concreto, si tratta di conoscere l’azienda e presentare una selezione di lavori “ritagliati” sulle sue esigenze. Un editore specializzato nella nicchia del food apprezzerà di certo le tue illustrazioni di torte e pasticcini se gliele presenterai già impaginate, sulla falsariga di edizioni già presenti sul mercato, in edicola o libreria.

I portali in stock offrono moltissimi modelli in bianco da personalizzare. Con questo escamotage dimostri anche di saper lavorare in ambienti diversi, abbinando ad esempio le tecniche tradizionali a quelle digitali. Un punto in più per te.

Ora potresti essere portato a credere che offrire a un cliente le tue creatività impaginate significhi invitarlo a usarle senza il tuo permesso. Ragiona: se sei stato tanto bravo da centrare le sue intenzioni, probabilmente ti chiederà di collaborare, anziché rubarti le immagini.

7. Le tue email sono sgrammaticate

Rispetto alla mail (o lettera) di accompagnamento, presta una sacra attenzione a quello che scrivi e a come lo scrivi. Prima di tutto, niente errori grammaticali. Scrivere “portafoglio” anziché “portfolio” potrebbe dare l’impressione sbagliata. Tutte le informazioni inserite devono essere chiare, essenziali e permettere al tuo interlocutore di verificarle e ricontattarti.

Ricorda di specificare chi sei, che cosa fai, per quale mansione vorresti essere preso in considerazione e a quali condizioni saresti disposto a lavorare.

Se hai già fatto una buona ricerca saprai che l’azienda è disponibile per periodi di stage gratuiti, collaborazioni esterne oppure inserimenti in organico. Le soluzioni sono tante, ma è importante che si adattino anche alle tue esigenze.

8. La tua presenza online è poco curata

Quando parlo della possibilità di verificare le informazioni che condividi con il tuo interlocutore, mi riferisco a questo. I social network raccolgono gran parte del nostro quotidiano e forniscono tante informazioni, anche non verbali, ai nostri contatti.

Poniamo che i tuoi lavori abbiano colpito nel segno. Forse il tuo interlocutore vuole saperne di più su di te, su quello che fai e che racconti. Curare la tua presenza online, sui principali social network o attraverso una piattaforma di microblogging, ti permette di costruire un personal brand più forte.

Su LinkedIn puoi raccogliere i feedback dei clienti, ma anche degli insegnanti, dei compagni di corso e dei collaboratori. Pinterest ti permette di organizzare tanti spunti creativi, mentre Facebook e Instagram sono una vetrina sulla tua attività creativa quotidiana.

Tumblr è una piattaforma di microblogging gratuita molto semplice da usare e personalizzare, mentre WordPress ti permette, anche nella versione free, di realizzare un prodotto più avanzato. Avere un sito web personale ti mette al sicuro da mode temporanee e rimane comunque un obiettivo da perseguire.

Come spiego in questo post, il tuo blog è un vero e proprio business

9. Ti sei arreso dopo il primo tentativo

A questo punto ti sei dotato di strumenti idonei all’autopromozione, hai effettuato ricerche approfondite sulle aziende migliori da contattare, hai personalizzato il tuo portfolio di lavori e scritto una lettera di accompagnamento semplice e d’impatto.

Tuttavia, nessuna risposta. Difficile. Ma può capitare.

E’ arrivato il momento di insistere, ma con educazione. Lascia passare 15-20 giorni, e se non ottieni risposta manda un sollecito discreto al tuo interlocutore. Nel migliore dei casi, ha pensato di risponderti ma non è ancora riuscito a farlo e in questo modo gliene dai l’occasione. Potrebbe aver archiviato l’email senza leggerla, per infinite ragioni. Oppure potrebbe averla scartata. In ogni caso, un sollecito potrebbe sbloccare la situazione.

Se hai fatto bene i compiti, l’azienda alla quale hai scritto rappresenta uno dei tuoi obiettivi principali e non intendi gettare la spugna. Trascorsi non più di 3 mesi torna alla carica, con una nuova selezione di lavori, realizzati appositamente per loro.

Questa è una strategia che ti permette di tenere sempre aggiornato il portfolio e ti stimola professionalmente.

10. Ignori le regole base dell’autopromozione

Oltre al concetto di Personal Branding è opportuno che tu prenda dimestichezza anche con quello di Inbound Marketing. Di cosa stiamo parlando?

Citando la guida di Jacopo Matteuzzi, l’Inbound Marketing è, in estrema sintesi, un insieme di strategie digitali focalizzate sul farsi trovare da persone interessate al nostro prodotto o servizio, attirarle verso il nostro marchio e farle diventare contatti, poi clienti, infine promotori. Per saperne di più, ti suggerisco questi articoli.

Inbound marketing e personal branding sono attività che richiedono cure e manutenzioni continue. Sono una componente importante del mercato di oggi e i maggiori esponenti della tua nicchia, probabilmente, lavorano già da tempo su questi concetti. E’ il momento che lo faccia anche tu, senza ulteriore indugio.

11. Lavorare come creativo non ti interessa davvero

C’è un ultimo pensiero che intendo condividere con te. Forse nessuno ti ha risposto perché questo non è il lavoro che vuoi fare davvero. Ci hai mai pensato? Forse il tuo percorso di studi era interessante fine a se stesso, ma non te la senti di continuare.

Nessun problema. A questo punto devi reinventarti.

È probabile che parte dell’esperienza che hai maturato finora sia spendibile anche in altri settori. Pensaci bene. Poi prova ad applicare i miei consigli a un ambito diverso da quello creativo. A questo proposito ti suggerisco di leggere l’e-book gratuito di Luca Panzarella.

Conclusioni

Qualche dato alla mano.

Quanti erano gli studenti che hanno completato il tuo corso di studi, lo scorso anno? Ipotizziamo una ventina. Magari il corso di Arti Visive prevedeva tre diversi indirizzi, quindi 20 x 3 = 60. Nella tua città ci sono almeno altri due istituti che formano professionisti con competenze simili, quindi 60 x 3 = 180. Immaginiamo cifre simili per tutti i capoluoghi italiani: 180 x 20 = 540 professionisti creativi laureati ogni anno.

Che cosa significa? Che la concorrenza è altissima fin da subito, e dopo un anno è addirittura raddoppiata, con l’aggravante di mettere menti fresche contro chi si è imbruttito per mesi alla ricerca di un contatto qualsiasi.

Il mio consiglio quindi è di puntare subito e per sempre all’eccellenza.

Paragonati ai professionisti più affermati della tua nicchia e punta a superarli, ma non solo tecnicamente. Studia come gestiscono il proprio brand personale, scopri la loro storia e chiedi loro consigli pratici, anche attraverso i social.

Generalmente queste persone sono gentili e disponibili, purché non si approfitti troppo del loro tempo. E, molto probabilmente, anche una parte dei loro lavori sono finiti nel cestino, almeno all’inizio.

In bocca al lupo 😉

Immagine: Gonzalo Aragon via Shutterstock

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